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Navarātri e Daśaharā

Il Trionfo della Devī

Navarātri, letteralmente “nove notti” in sanscrito (nava, “nove” e rātri, “notte”), è una celebrazione fondamentale nella tradizione hindū che onora la Devī, la Dea Madre nelle sue molteplici manifestazioni. Questa festa, profondamente radicata nei testi vedici, rappresenta un periodo di intensa sādhana (pratica spirituale) e devozione, culminando nel decimo giorno conosciuto come Vijayadaśamī o Daśaharā.

Le origini vediche di Navarātri possono essere rintracciate nel Ṛgveda, dove troviamo inni dedicati a diverse forme della Devī. Un esempio significativo è l’inno conosciuto come Devī Sūkta (Ṛgveda 10.125), dove la Dea proclama la sua supremazia:
“ahaṃ rudrebhir vasubhiś carāmy aham ādityair uta viśvadevaiḥ |
ahaṃ mitrāvaruṇobhā bibharmy aham indrāgnī aham aśvinobhā ||”
“Io mi muovo con i Rudra, con i Vasu, con gli Āditya e con tutti gli dei.
Io sostengo sia Mitra che Varuṇa, sia Indra e Agni, e i due Aśvin.”

Il periodo di nove notti è diviso in tre cicli di tre notti ciascuno, dedicati rispettivamente a Durgā (forza e protezione), Lakṣmī (prosperità e abbondanza), e Sarasvatī (conoscenza e arti). Questa tripartizione riflette il concetto vedico di guṇa, o qualità fondamentali della natura: tamas (inerzia), rajas (attività), e sattva (equilibrio e purezza).

Nel Yajurveda, troviamo riferimenti alla Devī come Durgā, la distruttrice degli ostacoli:
“tām agnivarṇāṃ tapasā jvalantīṃ vairocanīṃ karmaphaleṣu juṣṭām |
durgāṃ devīṃ śaraṇamahaṃ prapadye sutarasi tarase namaḥ ||”
“Mi rifugio nella Dea Durgā, ardente come il fuoco, radiosa, dedita ai frutti dell’azione,
La Dea che aiuta a superare le difficoltà, a te che fai attraversare [gli ostacoli], mi inchino.”

Il culmine di Navarātri è Vijayadaśamī o Daśaharā, il decimo giorno che celebra la vittoria del bene sul male. Il termine “Daśaharā” deriva dal sanscrito daśa (“dieci”) e hara (“rimuovere”), riferendosi alla rimozione dei dieci peccati o vizi. Questo giorno commemora la vittoria della Dea Durgā sul demone bufalo Mahiṣāsura, simboleggiando il trionfo della consapevolezza divina sull’ignoranza.
Nel Devī Māhātmya, parte del Mārkaṇḍeya Purāṇa, troviamo una descrizione vivida della battaglia tra Durgā e Mahiṣāsura:
“tataḥ kopaṃ cakāroccair asurah kulanāśanaḥ |
ājaghāna gadādevīṃ devī cainamatāḍayat ||”
“Allora il demone distruttore di stirpi si adirò grandemente,
Colpì la Dea con la sua mazza, ma la Dea lo colpì a sua volta.”

Daśaharā è anche associato alla vittoria di Rāma su Rāvaṇa, come narrato nel Rāmāyaṇa. Questo aspetto della celebrazione sottolinea il trionfo del dharma (rettitudine) sull’adharma (ingiustizia), un tema ricorrente nella letteratura vedica e puranica.

In molte regioni dell’India, Daśaharā è celebrato con l’incendio di effigi di Rāvaṇa, simboleggiando la distruzione del male. Questo rituale può essere visto come una forma moderna di yajña (sacrificio vedico), dove il fuoco purificatore consuma le impurità.

La pratica del digiuno durante Navarātri, che culmina in Daśaharā, trova le sue radici nel concetto vedico di tapas, o austerità. L’Atharvaveda (11.7.1) afferma:
“satyena uttabhitā bhūmiḥ sūryeṇa uttabhitā dyauḥ |
ṛtena ādityās tiṣṭhanti divi somaḥ adhi śritaḥ ||”
“La terra è sostenuta dalla verità, il cielo è sostenuto dal sole,
Gli Āditya si mantengono attraverso l’ordine cosmico, Soma è stabilito nel cielo.”

In conclusione, Navarātri e Daśaharā rappresentano una sintesi profonda di filosofia vedica, pratica devozionale e comprensione cosmica. Attraverso la venerazione della Devī nelle sue molteplici forme e la celebrazione della sua vittoria, i praticanti cercano di allinearsi con le forze fondamentali dell’universo, riflettendo così i principi eterni espressi nei Veda e nei Purāṇa. Queste festività non solo commemorano eventi mitologici, ma offrono anche un percorso di trasformazione personale, incoraggiando i devoti a superare i propri ostacoli interiori e a manifestare le qualità divine nella propria vita.

Mahāśivarātri

Mahāśivarātri, letteralmente la “Grande Notte di Śiva”, cade nella quattordicesima notte della luna calante del mese di Phālguna secondo il calendario indù. Questa ricorrenza riveste un significato profondo nella tradizione indo-vedica e nelle pratiche tantriche associate al culto di Śiva.

Mantra japa

Il mantra japa è una pratica spirituale centrale nella tradizione vedica e nello yoga. Il termine “japa” deriva dalla radice sanscrita √jap, che significa “mormorare” o “recitare sottovoce”. Questa tecnica implica la ripetizione costante e concentrata di un mantra, una formula sacra composta da sillabe o frasi in sanscrito.

Guru Pūrṇimā

Guru Pūrṇimā è una festa di grande importanza nella tradizione indù, buddista e giainista, celebrata il giorno di luna piena (pūrṇimā) del mese di Āṣāḍha (giugno-luglio) del calendario indù.

Buddha Pūrṇimā

Buddha Pūrṇimā, nota anche come Vesak, è una delle festività buddhiste più importanti, che commemora la nascita, l’illuminazione e il parinirvāṇa del Buddha storico, Siddhārtha Gautama. Questa celebrazione, tuttavia, trascende il contesto puramente buddhista e si collega profondamente al concetto di “buddha” nella più ampia tradizione indo-vedica.